Tutto il Canzoniere, come altre espressioni dell’opera di Francesco Petrarca (Rerum vulgarium fragmenta), è scandito dall’ossessione della fuga del tempo terreno e della continua comparazione tra temporalità ed eternità. Potremmo dire anzi che l’idea stessa della composizione e dell’ordinamento dei Frammenti prenda avvio dal desiderio di lasciare un’opera capace di vincere l’azione distruttiva del tempo e di sopravvivere al silenzio della morte e dell’oblio, scelta già voluta per i suoi carmi dal poeta latino Orazio. Questo motivo, ricorrente nelle liriche composte tra il 1348 e il 1356, ritorna nel sonetto 272, una delle prime composizioni facenti parte della sezione del Canzoniere “in morte di madonna Laura”.
Petrarca reinterpreta dunque con grande originalità e in un’ottica cristiana il topos classico della fuga temporis, che trovava negli amati classici latini, specialmente nel De Brevitate Vitae di Seneca e nelle opere di Sant’Agostino. Il motivo della fugacità del tempo, proprio di varie liriche del Canzoniere, diventa qui lo spunto da cui prende avvio una riflessione sulla vanità di tutte le cose, riportandoci ai motivi del sonetto proemiale. In questa lirica però, più che in Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, il poeta dà voce alla sua delusione e alla sua sofferenza, e lo fa in una maniera piuttosto elegante e retorica, arricchendo il testo dipolisindeti, anafore, paratassi, allitterazioni, e immancabili metafore. La sua amarezza si avverte chiaramente nella riflessione sul presente e sul passato, che svolge con varieoscillazioni sull’uno o l’altro tempo, fino al v.10; qui, a metà della prima terzina, la riflessione si concentra sul futuro, che la morte di Laura ha privato di ogni prospettiva.

La vita fugge, et non s’arresta una hora,
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora; 4
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora; 4
e ‘l rimembrare et l’aspettar m’accora,
or quinci or quindi, sì che ‘n veritate,
se non ch’ì ò di me stesso pietate,
ì sarei già di questi penser’fòra. 8
or quinci or quindi, sì che ‘n veritate,
se non ch’ì ò di me stesso pietate,
ì sarei già di questi penser’fòra. 8
Tornami avanti, s’alcun dolce mai
ebbe ‘l cor tristo; et poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti; 11
ebbe ‘l cor tristo; et poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti; 11
veggio fortuna in porto, et stanco omai
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti. 14
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti. 14
Ascolti consigliati durante la lettura: Ildebrando Pizzetti “La vita fugge e non s’arresta un’ora” (rarità, da Novecento italiano)
Miserere Nostri - Thomas Tallis
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