Cesare Pavese rappresenta una delle più significative – e al contempo – atipiche della letteratura novecentesca. Già da ragazzo rivela un’indole timida e introversa, segno di un’acuta sofferenza psicologica che lo accompagnerà per tutta la vita, e lo spingerà fino al gesto estremo del suicidio. Nonostante l’imponente successo ottenuto in qualità di scrittore, su Pavese graverà sempre la percezione del fallimento esistenziale, acuito dalle delusioni nei rapporti sentimentali e da un umiliante senso di inettitudine all’impegno politico e civile.
Le raccolte poetiche. Pavese esordisce come poeta nel 1936, con la raccolta “Lavorare stanca“. L’opera occupa una posizione del tutto originale nel panorama della lirica contemporanea, dominata dall’Ermetismo. Essa propone infatti una concezione della poesia che sfoci in un racconto «chiaro e pacato», in grado di stabilire un rapporto dicomunicazione con il lettore. La cadenza narrativa è ottenuta attraverso strutture sintattiche distese e discorsive, e potenziata dall’uso innovativo di «versi lunghi», eccedenti la misura dell’endecasillabo. I temi caratterizzanti di queste poesie comprendono una serie di coppie simboliche, volte a rappresentare la contrapposizione tra una “dimensione serena e pacata” ed una “solitaria e angosciosa“.
Nelle raccolte del dopoguerra (“La terra e la morte”, e “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, 1946-1950) la poetica di Pavese evolve verso forme più brevi e significative, a cui è affidato il compito di esprimere liricamente le sofferenze dell’io e il dolore della passione amorosa.
Nelle raccolte del dopoguerra (“La terra e la morte”, e “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, 1946-1950) la poetica di Pavese evolve verso forme più brevi e significative, a cui è affidato il compito di esprimere liricamente le sofferenze dell’io e il dolore della passione amorosa.
Mito e «realtà simbolica» Elemento essenziale della produzione letteraria di Pavese è la riflessione sul mito, elemento centrale anche di alcuni saggi psicologici-teorici dell’epoca. Sulla scia di Jung, lo scrittore concepisce il mito come simbolo primordiale radicato nell’inconscio collettivo dell’umanità, come elemento universale, ma anche oscuro e misterioso. Compito dell’arte è rendere “chiara” tale materia informe, dandole una forma ordinata e razionale: di qui nasce il travaglio che accompagna la scrittura, intesa come “mestiere“. Pur basandosi su una realistica situazione storica e geografica, i personaggi, gli ambienti e le vicende dei romanzi pavesiani rinviano costantemente a una trama di elementi mitico-simbolici, tra i quali spiccano immagini legate all’infanzia e alla terra natale. (Rif. allecolline).
“Sei la terra e la morte” è l’ultimo componimento della breve serie intitolata “La terra e la morte“, pubblicata postuma con i versi di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi“.
Il tessuto poetico si regge interamente su una trama simbolica, che rende stringente il gioco delle metafore: la terra e la morte sono opposte all’alba e all’acqua, in cui Pavese prospetta lanascita e l’amore; l’acqua ha perso ogni capacità vivificatrice; la donna si è trasformata in una pietra, diventando irraggiungibile, rendendo invalicabile la distanza rispetto all’alba, che genera nuova vita. La donna è dunque sul finale mistero e morte, morte che tutto annienta, che gelida calpesta ogni cosa. Gli stati d’animo del poeta sono completamente annichiliti. Così come la morte, la donna lascia intorno a sé solo desolazione e amara solitudine. Il linguaggio poetico è essenziale, delimitato dall’efficacia epigrafica del primo e dell’ultimo verso (settenari identici).
Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota dall’alba.
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
* Questa volta voglio concludere l’articolo con un ascolto guidato diverso dal solito. Io stessa, in maniera molto umile e al contempo appassionata, mi sono cimentata nell’interpretazione della poesia. Certo però è che la qualità dell’audio non è delle migliori, così come il recitato; nonostante ciò ho provato ugualmente a mettermi in gioco. Buon ascolto, a quei valorosi che si prodigheranno a premere “play”.
Articolo visibile anche su www.ventonuovo.eu, alla voce ARTE -> musica e letteratura