sabato 6 dicembre 2014

Tra didattica e tecnica: la maestrìa «severa e libera» di Muzio Clementi

Nato a Roma nel 1752, quindi poco prima di MozartMuzio Clementi è uno dei  musicisti a cui è più debitrice la letteratura pianistica, non solo per le sue opere musicali, quanto per l’attività instancabile di promotore del nuovo strumento (al punto da dedicarsi, da imprenditore, alla costruzione) e per quella di studioso della tecnica esecutiva e diinsegnante.
Da Roma Clementi si trasferisce in Inghilterra nel 1766, al seguito di Peter Beckford e nel 1773 è a Londra, dove inizia l’attività di maestro di cembalo al teatro di Haymarket e contemporaneamente di insegnante. Quando la sua fama di pianista comincia a crescere, affronta un viaggio nel continente, nel corso del quale ha occasione di misurarsi con Mozart, allora conosciuto soprattutto come pianista.
Ritornato a Londra, dove rimane per una ventina d’anni stabile, torna a dedicarsi completamente all’insegnamento, inaugura un’attività di editoria musicale associandosi con Collard, con il quale poi apre anche una fabbrica di pianoforti, negli ultimi anni del secolo. Nel 1802, approfittando della relativa tranquillità politica seguita alla Pace di Amiens (è il periodo delle guerre napoleoniche), ritorna sul continente e viaggia per la Germania, l’Austria, la Russia. Ritornerà a Londra nel 1810, dopo un’altra ondata di conflitti che ha insanguinato l’Europa; la sua fabbrica di pianoforti è andata distrutta in un incendio del 1807, e Clementi ripiega ancora una volta sull’insegnamento pianistico.
A scorrere l’elenco degli allievi di Clementi si trovano quasi tutti i più importanti nomi del pianismo ottocentesco: B.A.Bertini, J.Field, Ignaz Moscheles, Carl Czerny, Karl Cramer… sono fra i più significativi, e molti di loro, come il maestro, si dedicheranno alla didattica e al perfezionamento della tecnica pianistica. Sono, in effetti, quasi tutti nomi ben noti ai giovani pianisti che ancora oggi si formano in gran parte sugli esercizi e sui metodi didattici pubblicati da autori di questo calibro.
La parte principale dell’opera di Clementi è costituita dalla musica per pianoforte, per cui è rimasto giustamente famoso: anche se spesso hanno un carattere più che altro virtuosistico e tecnico, non sorretto da un’intensità espressiva pari a quella delle Sonate di Mozart (per non parlare di Beethoven), sono più che gradevoli da ascoltare, e non mancano comunque di sostanza. Nel tempo il nome di Clementi è rimasto legato soprattutto alle opere tecnico-didattiche: la raccolta Gradus ad Parnassum, o l’arte di suonare il pianoforte esemplificata in una serie di esercizi negli stili severo e libero (rif. al contrappunto), che costituisce ancor oggi banco di prova degli studi avanzati di pianoforte, unisce l’esercizio tecnico alla finezza compositiva.
Le Sonate di Clementi per pianoforte sono oltre 100 (comprese le sonatine e le sonate per due pianoforti), e coprono gran parte dell’arco della sua carriera di compositore, dal 1756 al 1821: vi si trovano lavori di diversa natura, data la classificazione molto libera di “sonata”, in uso all’epoca in Inghilterra, e a cui Clementi si adeguò.
Tra le sonate più famose menzioniamo: l’op.14 n.3, pubblicata nel 1784, l’op.26 (la preferita di Beethoven); le tre sonate dell‘op.33, del 1794, e infine le due sonate dell’op.34, assieme aidue capricci per pianoforte. Uno dei maggiori esecutori di Clementi, non a caso tra i più raffinati, è certamente Vladimir Horowitz.

Articolo visibile anche su www.ventonuovo.eu

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