domenica 23 novembre 2014

La «morbidezza» decadente di Edvard Grieg

Grieg, il più significativo compositore norvegese dell’Ottocento non ha lasciato molte composizioni di grande respiro: il Concerto per pianoforte e orchestra op. 16 in la minore è effettivamente una delle poche. Per il resto, preferiva i pezzi brevi o le suite di pezzi, legati fra loro tematicamente o programmaticamente: un atteggiamento a cui può darsi non fosse estranea la difficoltà a sottoporsi prolungati per la salute cagionevole, ma che è perfettamente in sintonia con lo spirito di Schumann, a cui Grieg è comunque legato, e che interpreta bene l’idea del diario e del libro di schizzi, che registra impressioni, confessioni e pensieri fuggevoli. Anche l’opera più famosa di Grieg, Peer Gynt, è una suite ricavata dalle musiche di scena per la commedia di Ibsen e nella sua produzione una parte preponderante è costituita dai circa 150 Lieder per voce e pianoforte e da un numero elevato di brani pianistici, fra cui spiccano le dieci raccolte di Pezzi Lirici, per un totale di una settantina di pezzi, tutti molto brevi. I Pezzi Lirici vanno dalla nota autobiografica al quadretto descrittivo della rielaborazione di melodie popolari norvegesi, toccando toni di allegria spensierata, di nostalgia, di spirito fiabesco, per arrivare alla danza e alla festa popolare. La lunga successione dei Lyriske Stykker – ha scritto Olav Gervin -, che costituisce la spina dorsale dell’abbondante produzione pianistica di Grieg, non presenta in verità un valore sempre omogeneo: ai pezzi salottieri e fin troppo sentimentali, dalla psicologia minuscola e borghese, si associano danze anch’esse stilizzate che poco conservano della rustica, immediata fragranza dei pezzi contadni. Nessuna morbidezza decadente, simile a tanto pianismo fin de siècle, tuttavia, ché armonicamente la sua frase musicale si riscatta con frequenti modulazioni suggestive e inattese. Restano però alcuni splendidi quadretti che si riferiscono più o meno programmaticamente ad una natura silenziosa e sognante, da cui dedurre prontamente e con luminosa ispirazione un lirismo fresco ed elegiaco.
I giudizi su questi pezzi variano molto, e c’è anche qualche storico che li valuta del tutto negativamente, e certo, non si tratta di composizioni di grande profondità o di sofferta ricerca formale, ma rimangono pagine più che gradevoli, leggere in qualche caso, ma fondamentalmente sincere, non pompose né retoriche. Alcuni poi sono francamente molto divertenti, come la Marcia dei nani il Giorno di nozze a Troldhaugen, apparentemente semplici, ma poi tutt’altro che banali da eseguire. Il pianista sovietico Gavrilov, che dichiara di aver avuto in Grieg uno dei suoi primi idoli musicali, li esegue con partecipazione e palese simpatia, con tecnica ineccepibile.

Ascolti consigliati: 
Edvard Grieg, Concerto per pianoforte e orchestra in la minore, op. 16
Peer Gynt, Suite n.1

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lunedì 17 novembre 2014

Riccardo Muti e il concerto “impossibile” al teatro Giordano


È più facile trovare i biglietti per la finale di Champions League che per il Giordano a Foggia, tanto più se parliamo di un’inaugurazione diretta dal maestro Riccardo Muti. A caccia dei biglietti online, la cui vendita era stata pubblicata dal Comune di Foggia (alle ore 12.00 di oggi), molti ne sono rimasti sprovvisti. La polemica esplode in  rete. “Alle 12.00 di oggi 17 novembre Bookingshow aveva esaurito i posti disponibili per il concerto inaugurale del Teatro Giordano! Che potenza! Sindaco, quanti posti sono stati destinati alla vendita online? Quanti riservati a monte?”. Una domanda ricorrente cui si risponde in vari modi. Chi snobba l’evento – della serie se non posso venire non ci tengo proprio – qualcun altro ripete che è un copione già visto, altri indignati sottolineano che era meglio non pubblicizzare affatto un’iniziativa già ipotecata. In molti vogliono conoscere i nomi dei “privilegiati”. Biglietti sempre ai soliti, “pubblico pagante” si fa per dire, e via di questo passo.

Giuliani: “Leggende metropolitane sui biglietti spariti”

Certo il numero di biglietti disponibili in un teatro di quasi 500 posti è stato bruciato in dieci minuti, qualcuno esagera: “Aperto alle 12.00, ticket finiti alle 12.01”. L’assessore Anna Paola Giuliani ridimensiona. “Questa è una leggenda metropolitana”. Ma la rete rivela le complicazioni e il sold out repentino. “Io ho comprato i biglietti per me e per un  mio amico e la prima transazione è andata bene. Poco dopo volevo effettuarne un’altra ma non è stato possibile”. Tra la prima e la seconda operazione il sito non dava l’accesso. L’accordo tra il Comune e Bookingshow prevede di acquistare massimo due biglietti con il medesimo accesso.

Le istituzioni confermano: “Tutti paganti” 

Tutto in un batter d’occhio, altrimenti niente poltrona e sito in tilt. Come quando devi fare un’operazione su un sito istituzionale online nei giorni di scadenza dell’adempimento rischiando di stare anche la notte a cercare di capire se trovi spazio.
Su bookingshow.com era evidenziata la parte riservata, 84 posti tra sindaco, giunta, consiglieri comunali, tutti “paganti”. L’amministrazione prende le distanze da qualunque eventuale impiccio: “Se avessimo voluto navigare sott’acqua – replica Giuliani – non avremmo detto quello che abbiamo detto, cioè che non ci sarebbero stati posti gratis per nessuno tranne che per le autorità, (prefetto, questore ecc.). Paga anche il sindaco, insomma”.
Il dirigente al settore cultura Gloria Fazia rimanda all’Ufficio di gabinetto: “Loro se ne sono occupati”. Ecco di seguito l’annuncio ufficiale sull’evento che infiamma la città, la bacchetta di Muti, tanto importante da scatenare -come succede da vari anni a questa parte, meno gli ultimi otto di chiusura del Giordano – l’ira degli esclusi: “Saranno messi in prevendita domani (oggi, ndr) dal circuito Bookingshow i biglietti per il concerto dell’orchestra giovanile “Luigi Cherubini”, diretta dal maestro Riccardo Muti che il 10 dicembre prossimo si esibirà al teatro comunale “Umberto Giordano” di Foggia in occasione della riconsegna alla città dello storico contenitore culturale. Per un contrattempo organizzativo, i tagliandi saranno disponibili online, sul sito www.bookingshow.com  e nelle rivendite collegate, a partire dalle ore 12 di domani (17 novembre) e non, come inizialmente previsto, a partire dalle ore 8. Sul sito saranno anche indicati i prezzi dei biglietti e l’importo della prevendita per ciascuna categoria di posti”.

I numeri e il maxischermo 

Mettiamo un po’ d’ordine nei numeri. Per 32 consiglieri, 9 assessori e sindaco con mogli sono volati 86 posti. Nel palco del primo cittadino restano quattro posti vuoti, tranne che per un arrivo improvviso di altro rappresentante istituzionale. Per comandante dei carabinieri, della Finanza e questore (gli unici non paganti) altri 6 posti, sempre con accompagnamento. Riccardo Muti ha chiesto nel contratto che 20 poltrone fossero riservate a lui e al suo seguito di parenti ed amici. Invitati, ma paganti, il Presidente del Tribunale di Foggia,  il Procuratore capo, il Presidente della Camera di Commercio. Su quasi 500 posti 162 sono stati riservati alle istituzioni. Biglietti venduti anche fuori città, si registrano acquisti da Benevento e Pescara su un migliaio di punti vendita in tutta Italia. Gente in fila da stamattina alle 8 in alcuni bar della città. Al maestro Muti è stato chiesto un ritorno in città ma la sua agenda di appuntamenti è fittissima. In preparazione un maxischermo fuori dal teatro per seguire il concerto. In un primo momento il direttore si era opposto, ora pare si sia convinto. Come si giocasse un mondiale.
All credits toPaola Lucino (Many thanks.)

lunedì 10 novembre 2014

Gesualdo da Venosa, Luca Marenzio, Luzzasco Luzzaschi: la raffinatezza del contrappunto profano in Italia

carlo-gesualdo-
Con Carlo Gesualdo, principe di Venosa (c.1561-1613), abbiamo un esempio della migliore produzione polifonica profana. Nel XVI secolo l’asse della cultura musicale tende a spostarsi progressivamente dalle Fiandre all’Italia, grazie alla vivacità del clima culturale favorito dal mecenatismo di corti come quella dei Medici a Firenze, dei Gonzaga a Mantova, degli Estensi a Ferrara, degli Sforza a Milano. I musicisti fiamminghi attirati, già dalla fine del Quattrocento, nella penisola divulgano le conquiste tecniche e il gusto della polifonia nordica: transitano in Italia musicisti di grande valore come Josquin Desprez, Alexander Agricola, Heinrich Isaah. Nei primi decenni del secolo XVI, i fiamminghi debbono scontrarsi comunque con una certa diffidenza della cultura umanistica italiana e con le difficoltà dei testi in italiano. Solo dopo il primo quarto di secolo la polifonia profana in lingua italiana, grazie anche alla diffusione della poesia petrarchesca, comincia a maturare e a prendere vigore.
In questo clima nasce il nuovo madrigale, che è un tipo di composizione ben diversa dal madrigale del Trecento: è una composizione polifonica, prima a 4 e poi soprattutto a 5 voci, su testi poetici relativamente brevi, che vengono musicati completamente, dall’inizio alla fine, senza ripetizioni, senza riprese o ritornelli. In queste composizioni cinquecentesche è sempre molto forte l’attenzione per il testo: la musica cerca di seguirlo con grande fedeltà, per evidenziarne ed esaltarne il significato.
Il successo del genere portò alla formazione di società e accademie i cui membri si ritrovavano per il piacere di delle esecuzioni di madrigali, che richiedevano ambienti raccolti, riservati, per poter godere a pieno della complessità della costruzione musicale e dell’aderenza estrema della musica al testo. La diffusione del genere madrigalistico è testimoniata anche dalle numerose edizioni a stampa.
Intorno alla metà del XVI secolo la struttura del madrigale tende a diventare sempre più complessa, con tecniche contrappuntistiche sempre più raffinate, e si diffonde l’uso dell’illustrare i significati delle parole musicate con espressioni musicali imitative (frasi spezzate quando si parla di pianto sfrenato, di singhiozzo, per esempio). Questa pratica è tanto legata al madrigale che è stata denominata proprio madrigalismo.
Nell’ultima parte del secolo, il madrigale si avvicina progressivamente ad altri generi musicali, di carattere più popolaresco, o spirituale (in particolare là dove è più forte lo spirito della controriforma dopo il concilio di Trento). Così per esempio, Alessandro Strigio, bolognese, spinge il madrigale in direzione descrittiva e realistica, e da lì nasce il madrigale dialogico o drammatico, che a sua volta darà vita alla commedia madrigalesca: la polifonia fiamminga, colta e complessa, è sempre più lontana e ci si avvicina a forme di teatro d’ispirazione popolare. Proprio negli ultimi anni del XVI secolo, l’Amfiparnaso di Orazio Vecchi e La Pazzia senile di Adriano Banchieri sono esempi della nuova direzione.
L’ultima produzione madrigalistica in senso stretto ha i suoi punti più alti in due grandi compositori italiani, Luca Marenzio (c. 1553 – 1599), tanto abile da meritarsi il soprannome di “dolce cigno”, e Carlo Gesualdo. Entrambi esperti in tutte le tecniche polifoniche, introducono spesso dissonanze e cromatismi (alterazioni della scala fondamentale del brano), grande variabilità nel ritmo; Marenzio ama anche gli effetti teatrali (come la suddivisione fra più cori, che dialogano fra loro).
Gesualdo è un personaggio da romanzo d’avventura: fuggito da Napoli dopo aver ucciso la moglie e il suo amante Fabrizio Carafa, finisce nel 1594 per sposare in seconde nozze Eleonora d’Este, nipote di Alfonso II, duca di Ferrara. Nella città degli Estensi trova un clima culturale propizio, per la presenza di musicisti raffinati come Alfonso Fontanelli e, soprattutto Luzzasco Luzzaschi, che Gesualdo ammira molto. Gesualdo pubblicò in tutto sei libri di madrigali: i primi due prima di lasciare Napoli per Ferrara; il terzo e il quarto rispettivamente nel 1595 e 1596, quindi poco dopo il trasferimento alla corte estense. il quinto e il sesto, dopo un lungo intervallo, nel 1611. I sei libri, insieme, furono poi ristampati nel 1613, testimonianza dell’apprezzamento di cui l’autore ebbe immediatamente a godere presso i contemporanei. I madrigali di Gesualdo, a partire dal terzo libro, hanno parecchie affinità con quelle di Luzzaschi, il che indica che il modo ardito di comporre non era una caratteristica esclusiva di Gesualdo, ma non sminuisce per questo l’originalità della sua produzione, nella massima parte a 5 voci, in cui l’attenzione per la parola, per il significato, il valore declamatorio ed espressivo sono spinti al massimo, con un gusto vicino a quello teatrale.
Pur di ottenere gli effetti desiderati, per mettere in risalto i testi e la musica (in genere testi molto brevi, di argomento amoroso, non particolarmente pregevoli sul piano strettamente poetico) non esita a impiegare dissonanze, armonie inconsuete e poco prevedibili, improvvisi cambiamenti ritmici: si sente in questi lavori un gusto che è già molto vicino al Barocco.

"Luci serene e chiare" (C.G. da Venosa)
"Veggo, dolce mio bene" (Luca Marenzio)


"O primavera" (Musica di Luzzasco Luzzaschi)


domenica 2 novembre 2014

Ars Nova Musicae: ecco la «primavera» musicale del Trecento

Landini
Nel 1320 Philippe De Vitry, ecclesiastico, musicista e teorico, intitola Ars Nova Musicae (ovvero “La nuova tecnica della musica) un suo trattato destinato ad avere grande influenza nei decenni successivi. Ars Nova era contrapposto con decisione ad Ars Antiqua (cioè “La tecnica antica“) e rappresentava quindi la consapevolezza di una trasformazione di grande impatto: quella dalla monodia e dalle prime, semplici forme di polifonia (musica a più voci) alla polifonia matura, resa possibile dalla nuova notazione musicale, che si andava diffondendo in Francia. La denominazione di De Vitry è rimasta: indichiamo come Ars Nova all’incirca il periodo che va dal 1320 alla fine del secolo, con la Francia e poi l’Italia come centri principali, caratterizzato da musica non solo sacra, ma anche profana, polifonica. Nel campo sacro si andò affermando una nuova forma musicale, il mottetto, composizione polifonica in cui una voce eseguiva la melodia di un canto gregoriano, mentre una o due altre ricamavano intorno ad essa una sorta di commento con melodie originali, spesso anche testi diversi. L’Ars Nova sviluppò anche la Messa Polifonica, anche se come insieme di brani non collegati fra di loro.
La maggior parte delle informazioni che abbiamo sulla musica medievale riguardano lamusica sacra, al punto che si potrebbe pensare che questa fosse l’unica musica eseguita in tutti quei secoli; ma naturalmente non è così: semplicemente, i documenti scritti provengono dai pochi che sapevano scrivere e avevano qualche motivo per farlo, e che in gran parte appartenevano agli ordini religiosi. La Chiesa, peraltro, aveva sempre combattuto aspramente le forme musicali di puro intrattenimento (in origine, forse, l’avversione era legata al ricordo di come quelle musiche costituissero la colonna sonora dei giochi circensi romani, in cui i primi cristiani erano dati in pasto alle belve), il che spiega ulteriormente l’assenza di annotazioni in proposito. Ma la musica profana è sicuramente esistita per tutto il medioevo e, a differenza di quella sacra, doveva utilizzare anche gli strumenti, non solo le voci.
La musica profana riemerge quasi d’improvviso (in un modo che continua a turbare i sonni degli storici, che non sono ancora riusciti a darne una spiegazione convincente) dopo la metà dell’XI secolo, con i cosiddetti trovatori, poi con i trovieri, gli uni del Sud della Francia (lingua d’oc), i secondi del Nord (lingua d’oil, antenata del francese moderno). Sono al contempo musicisti e poeti, cantano d’amore, di corteggiamento, di imprese eroiche: è l’epoca della cavalleria.
Dell’epoca più antica della musica trovadorica ci sono rimasti soprattutto testi poetici, ma con il passare del tempo diventano sempre più frequenti anche le parti musicali, monodiche come il canto gregoriano, ma molto più vivaci ritmicamente.
La tradizione dei trovatori si snoda per circa due secoli: dalla seconda metà dell’XI secolo (è attivo fra il 1086 e il 1127 Guglielmo IX d’Aquitania, il primo trovatore di cui si abbia notizia) alla seconda  metà del XIII secolo; una tradizione analoga si sviluppa anche in Germania, con un po’ di ritardo, per proseguire nel Trecento: è quella del Minnesang (letteralmente “canto d’amore“).
L’Ars Nova italiana è più caratterizzata da forme profane, con brani poetici musicati in stile polifonicoi testi dei grandi poeti italiani del secolo, Petrarca, Boccaccio, Sacchetti, erano spesso già pensati per essere musicati. Qui le forme principali sono il madrigale, a due o tre voci, a volte sostituite da strumenti, di argomento amoroso; la caccia, a due o tre voci, ritmicamente molto animata, in cui i soggetti sono scene di movimento (di caccia, come suggerisce il nome, in primo luogo, ma anche di festa, di mercato), e la ballata, il cui nome tradisce l’origine della musica per ballare, a due o tre voci (una vocale, le altre vocali o strumentali), che sostituì progressivamente il madrigale.
Alla corrente musicale profana fiorentina del Trecento è ascrivibile il nome di Francesco Landini, poeta e musicista cieco dalla nascita, suonatore di liuto, flauto ed organo (tanto da meritarsi il nome di “cieco degli organi”), nato intorno al 1325. Tra i suoi brani più eseguiti troviamo: la ballata “Ecco la primavera”, il madrigale “De! Dimmi tu”, e alcuni saltarelli ed estampie, forme da ballo risalenti all’epoca dei trovatori.
Ascolti vivamente consigliati. (Ecco la primavera, De! Dimmi tu, Questa fanciull’Amor, Giunta vaga biltà- F.Landini)




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