domenica 2 novembre 2014

Ars Nova Musicae: ecco la «primavera» musicale del Trecento

Landini
Nel 1320 Philippe De Vitry, ecclesiastico, musicista e teorico, intitola Ars Nova Musicae (ovvero “La nuova tecnica della musica) un suo trattato destinato ad avere grande influenza nei decenni successivi. Ars Nova era contrapposto con decisione ad Ars Antiqua (cioè “La tecnica antica“) e rappresentava quindi la consapevolezza di una trasformazione di grande impatto: quella dalla monodia e dalle prime, semplici forme di polifonia (musica a più voci) alla polifonia matura, resa possibile dalla nuova notazione musicale, che si andava diffondendo in Francia. La denominazione di De Vitry è rimasta: indichiamo come Ars Nova all’incirca il periodo che va dal 1320 alla fine del secolo, con la Francia e poi l’Italia come centri principali, caratterizzato da musica non solo sacra, ma anche profana, polifonica. Nel campo sacro si andò affermando una nuova forma musicale, il mottetto, composizione polifonica in cui una voce eseguiva la melodia di un canto gregoriano, mentre una o due altre ricamavano intorno ad essa una sorta di commento con melodie originali, spesso anche testi diversi. L’Ars Nova sviluppò anche la Messa Polifonica, anche se come insieme di brani non collegati fra di loro.
La maggior parte delle informazioni che abbiamo sulla musica medievale riguardano lamusica sacra, al punto che si potrebbe pensare che questa fosse l’unica musica eseguita in tutti quei secoli; ma naturalmente non è così: semplicemente, i documenti scritti provengono dai pochi che sapevano scrivere e avevano qualche motivo per farlo, e che in gran parte appartenevano agli ordini religiosi. La Chiesa, peraltro, aveva sempre combattuto aspramente le forme musicali di puro intrattenimento (in origine, forse, l’avversione era legata al ricordo di come quelle musiche costituissero la colonna sonora dei giochi circensi romani, in cui i primi cristiani erano dati in pasto alle belve), il che spiega ulteriormente l’assenza di annotazioni in proposito. Ma la musica profana è sicuramente esistita per tutto il medioevo e, a differenza di quella sacra, doveva utilizzare anche gli strumenti, non solo le voci.
La musica profana riemerge quasi d’improvviso (in un modo che continua a turbare i sonni degli storici, che non sono ancora riusciti a darne una spiegazione convincente) dopo la metà dell’XI secolo, con i cosiddetti trovatori, poi con i trovieri, gli uni del Sud della Francia (lingua d’oc), i secondi del Nord (lingua d’oil, antenata del francese moderno). Sono al contempo musicisti e poeti, cantano d’amore, di corteggiamento, di imprese eroiche: è l’epoca della cavalleria.
Dell’epoca più antica della musica trovadorica ci sono rimasti soprattutto testi poetici, ma con il passare del tempo diventano sempre più frequenti anche le parti musicali, monodiche come il canto gregoriano, ma molto più vivaci ritmicamente.
La tradizione dei trovatori si snoda per circa due secoli: dalla seconda metà dell’XI secolo (è attivo fra il 1086 e il 1127 Guglielmo IX d’Aquitania, il primo trovatore di cui si abbia notizia) alla seconda  metà del XIII secolo; una tradizione analoga si sviluppa anche in Germania, con un po’ di ritardo, per proseguire nel Trecento: è quella del Minnesang (letteralmente “canto d’amore“).
L’Ars Nova italiana è più caratterizzata da forme profane, con brani poetici musicati in stile polifonicoi testi dei grandi poeti italiani del secolo, Petrarca, Boccaccio, Sacchetti, erano spesso già pensati per essere musicati. Qui le forme principali sono il madrigale, a due o tre voci, a volte sostituite da strumenti, di argomento amoroso; la caccia, a due o tre voci, ritmicamente molto animata, in cui i soggetti sono scene di movimento (di caccia, come suggerisce il nome, in primo luogo, ma anche di festa, di mercato), e la ballata, il cui nome tradisce l’origine della musica per ballare, a due o tre voci (una vocale, le altre vocali o strumentali), che sostituì progressivamente il madrigale.
Alla corrente musicale profana fiorentina del Trecento è ascrivibile il nome di Francesco Landini, poeta e musicista cieco dalla nascita, suonatore di liuto, flauto ed organo (tanto da meritarsi il nome di “cieco degli organi”), nato intorno al 1325. Tra i suoi brani più eseguiti troviamo: la ballata “Ecco la primavera”, il madrigale “De! Dimmi tu”, e alcuni saltarelli ed estampie, forme da ballo risalenti all’epoca dei trovatori.
Ascolti vivamente consigliati. (Ecco la primavera, De! Dimmi tu, Questa fanciull’Amor, Giunta vaga biltà- F.Landini)




Articolo disponibile anche su www.ventonuovo.eu


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