domenica 13 luglio 2014

“Lolita”: l'eleganza stilistica di Vladimir Nabokov che fa scandalo – Recensione



Vladimir Vladimirovič Nabokov (Pietroburgo, 23 aprile 1899 – Montreux, 2 luglio 1977) è stato uno scrittore, critico letterario, saggista, drammaturgo, entomologo e poeta russo. La sua prima produzione fu in lingua russa, ma ottenne la meritata fama con i romanzi scritti in lingua inglese.
L'opera più conosciua di Nabokov è il romanzo “Lolita” del 1955, e per la dettagliata eleganza stilistica con cui vengono narrate le scandalose vicende è passato alla storia come un'imperdibile pietra miliare della narrativa del XX secolo. Nel 1962 il regista Stanley Kubric trasse l'omonimo film, seguito poi da un altro romanzo, scritto in inglese: “Pale Fire” (Fuoco pallido); nel 1997 Adrien Lyne ne realizzò un remake, coinvolgendo un cast di tutto rispetto, del quale si ricorda un brillante Jeremy Irons.
Il termine lolita, complice anche la trasposizione cinematografica di Kubrick, come un neologismo è entrato addirittura nella cultura di massa e nel linguaggio e sta ad indicare giovanette sessualmente precoci o comunque attraenti. Nabokov compose anche altri scritti di argomento diverso, sull'entomologia e sul gioco degli scacchi. ("Pnin", "La vera vita di Sebastian Knight", "Un mondo sinistro") Il suo stile è ibrido, particolare, raffinato e coinvolgente; in “Lolita” spicca il tema dello «sdoppiamento esistenziale», un locus communis della letteratura russa, nonché solitamente dostoevskijano, e la scabrosa tematica della ninfofilia, che per l'immensa maestria retorica e psicologica dell'autore riesce a risultare amorosa piuttosto che incestuosa, e man mano che si procede nella lettura del romanzo sarà capace di suscitare le più disparate opinioni sull'ossessiva storia d'amore nel lettore, il quale non può far altro che rimanere incollato dinanzi alla malia delle pagine incestuose che vengono narrate, a caccia di un agognato finale.


Editore: Adelphi
Autore: Vladimir Nabokov
Traduzione: Giulia Arborio Mella
Collana: Biblioteca Adelphi, n° 278
Pagine: 395
Prezzo: 17,00 €


Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.”



Trama: Il Professore Humbert Humbert, voce narrante del racconto, annoiato insegnante quarantenne di letteratura francese da poco ripresosi da un matrimonio fallito, in seguito a un esaurimento nervoso, decide di dedicarsi completamente alla scrittura, trasferendosi a Ramsdale: qui affitta una stanza nella casa di Charlotte Haze, e per circostanze fortuite e inaspettate fa la conoscenza di Dolores Haze, figlia di Charlotte, dodicenne ribelle e maliziosamente spregiudicata che gli richiama in mente Annabelle, il suo primo amore da tredicenne. Nonostante la differenza di età, egli perde completamente la testa per la “ninfetta”, tanto da sposarne la madre Charlotte per rimanere al suo fianco. Poco tempo dopo però a Charlotte capita di leggere il diario dell'uomo; appresi così i veri sentimenti e le intenzioni di lui medita di andare via e inviare Dolores in collegio: scrive una lettera in cui minaccia Humbert di esporlo ad un pubblico scandalo come "detestabile, abominevole criminale bugiardo" ed è pronta per imbucarla nella cassetta della posta; tuttavia il destino interviene inaspettatamente a favore del professore: mentre Charlotte sta attraversando la strada in stato di shock, viene investita da un'automobile e rimane uccisa. 
Dopo la morte della signora Haze, Dolores e Humbert i due cominciano un lungo vagabondaggio da un motel all’altro in giro per gli Stati Uniti. I due sono seguiti da tempo da un uomo misterioso che talvolta avvicina con dei pretesti il professore cercando di metterlo in imbarazzo. Giungono infine in una nuova città dove Humbert ha un contratto come insegnante. Qui egli si fa passare per il padre di Lolita e la iscrive a una scuola femminile.
Lolita nel tentativo di ritagliarsi degli spazi di autonomia dall'asfissiante presenza di Humbert che, fattosi sempre più possessivo, la tiene praticamente prigioniera (vietandole di partecipare alle attività del doposcuola e soprattutto di frequentare i ragazzi), lo persuade a permetterle di frequentare una scuola di teatro dove ha modo di incontrare gli amici e il commediografo Quilty che aveva già conosciuto quando questi era stato ospite della casa della madre.
Durante le prove di una recita scolastica Quilty rimane fortemente colpito dalle capacità recitative di Lolita. Poco prima della serata d'inaugurazione Humbert e Lolita hanno una feroce discussione; la ragazza scappa via e l'uomo la ritrova in seguito mentre sta uscendo da una cabina telefonica: è raggiante, le dice che stava per raggiungerlo a casa e che ha preso una grande decisione. Mentre comprano da bere Lolita afferma che vuole rimettersi in viaggio.
Humbert, messo in difficoltà dalle voci poco gradevoli che il suo menage con la figliastra Lolita hanno ispirato alla comunità, decide di cogliere l'occasione al balzo e fuggire in auto, riprendendo così i loro vagabondaggi sulle strade d'America. Humbert però ha la sensazione d'esser seguito da un uomo misterioso che egli suppone essere dapprima un detective, e comincia a farsi via via sempre più sospettoso, temendo che Lolita lo conosca e che stia cospirando con altre persone al fine di sfuggirgli. Ad un certo punto la ragazza si ammala e viene ricoverata in ospedale e per la prima volta Humbert si ritrova dopo anni senza aver Lolita al suo fianco.
Una volta guarita Lolita riesce a sfuggire alla sua sorveglianza e a dileguarsi dall'ospedale, prima ancora che Humbert possa venire a prenderla, con un uomo adulto che al personale medico si fa passare per lo zio. Humbert, quasi impazzito, si dà ad una frenetica ricerca girovagando per miriadi di hotel e scoprendo, il più delle volte, che Lolita ed il misterioso uomo avevano soggiornato lì, ma sempre un passo prima che lui vi giungesse. Alla fine, egli finisce con l'arrendersi e, dopo svariato tempo, ha un rapporto con una donna di nome Rita, che dura due anni. L'anno seguente, Humbert riceve una lettera da Lolita, ormai diciassettenne, che gli scrive di essere sposata, in attesa di un figlio e bisognosa di denaro: Humbert va a trovarla e riesce a farsi dire il nome di chi l'aveva aiutata nella fuga dall'ospedale: Quilty.
Il regista aveva subito dopo cercato di farne una stella di film pornografici ma, al rifiuto di lei, l'aveva buttata in strada; Lolita ha fatto vari lavoretti prima d'incontrare e sposare il marito Dick (Richard), che non conosce nulla del suo passato e al quale ha raccontato di Humbert come fosse il suo vero padre. Dopo averle consegnato quattromila dollari, Humbert cerca di convincerla a venire via con sé, ricevendone però un secco rifiuto. A questo punto, nella più completa disperazione, Humbert va a cercare Quilty a casa sua e lo uccide a colpi di rivoltella; arrestato per l'omicidio, scrive in carcere, in attesa di processo, il libro di memorie: "Lolita o le confessioni di un maschio bianco vedovo".


Aberrazione, incredulità e amore vanno di pari passo nel romanzo; il peccato incestuoso viene coltivato come un fiore raro e prezioso, e, come un ragno nero tesse la sua tela, allo stesso modo il professor Humbert tesserà in maniera cupa il filo delle esistenze di Dolores "Lolita" e di sua madre, Charlotte.
Chi legge ha l'impressione di udire i battiti di un cuore che pulsa d'amore, ma i sogni che lo avvolgono sono oscuri e terribili.

"Vedete, io l'amavo. Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista!"
Ci si trova dinanzi ad un amore osceno e malato, conturbante, impossibile e condannabile per i canoni dell'etica morale, ma allo stesso modo coinvolgente per qualche strano meccanismo della psiche, al punto che il demoniaco Humbert da bestia/carnefice si trasmuta in protettore serafico in alcuni punti della narrazione, per quel sottile senso di retorica impietosa con cui formula accuratamente ogni suo pensiero.
Il lettore che si avvicina per la prima volta al capolavoro di Nabokov rimane segnato a vita: l'erotismo nero diventa sublime, e con una paratassi aulica e ricca di eloquenti metafore è ben reso il concetto di «possessione/ossessione».

Al tempo della pubblicazione il romanzo ha avuto notevoli difficoltà di diffusione, per la scabrosità del tema trattato; poche sono state anche le ristampe, ma infine è riuscito a guizzare in alto sulle vette di qualsiasi classifica letteraria, per l'incredibile stile prosastico di Nabokov.

È un libro vivamente consigliato a coloro che venerano l'introspezione degli autori russi, e agli amanti della letteratura in generale. Un talento come quello dell'autore non può essere messo nel dimenticatoio, e con "Lolita" l'arte di Nabokov è posta in una dimensione surreale, divina, raggiunge cioè la massima espressione significativa: da trascendente diviene immanente, e resterà assoluta perfezione nella storia della letteratura.


Francesca Papagni
Note bibliografiche: attinte dal web, (trama: Wikipedia), e dal romanzo stesso "Lolita" - Adelphi editore; rielaborazione personale.

L'articolo è visibile anche su www.ventonuovo.eu, nella rubrica Arte, Musica e Letteratura; per leggerlo, clicca QUI.

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