“Caino e Abele: Danze di Guerra per Pianoforte Preparato” è la seconda composizione contemporaneo - sperimentale del pianista Christian Grifa, trascritta e musicata parafrasando sulla partitura audaci sequenze di note, sulla falsariga di quelle della precedente composizione, le quali sviluppano in maniera anacronistica il più classico degli episodi biblici dopo la creazione dell'Uomo attraverso Dio (la morte e l'uccisione di Abele per mano di suo fratello Caino), e delineano al contempo temi sacri, profani, filosofici e storici, risaltando l'interessante ragionamentoarchetipico che gravita attorno all'orbita del medesimo episodio, sul quale ancora oggi l'uomo riflette, e si pone importanti quesiti, senza riuscire però a trovare una precisa risposta, riportando alla mente e all'orecchio dell'ascoltatore un rifesso del tema musicale cardine del precendentebrano per pianoforte preparato, "Inno alla Terra".
Il 26 Dicembre 2022 l'associazione culturale Provocult ha avuto l'onore di ospitare per la seconda volta, presso l'Auditorium "Maria Pyle" della chiesa di San Pio, in San Giovanni Rotondo, il compositore e pianista locale Christian Grifa. La sofisticata cornice dell'Auditorium, assieme alla peculiare acustica che offre, è già preludio della tematica cardine del concerto. Ancor prima delle argomentazioni filosofico, bibliche, storiche, moderne, contemporanee e arditamente dirette della linea melodica della composizione, "Caino& Abele - Danze di Guerra", colpisce l'ascoltatore e lo spettatore, non soltanto per ragioni pentagrammatiche e strutturali del brano - ancora una volta costruito sapientemente per pianoforte preparato ( = alterando i suoni naturali mediante l'inserimento di oggetti e strumenti meccanici, lignei e ritmici nella cassa armonica e nelle corde dello strumento stesso) - ma soprattutto sul piano sensoriale ed emozionale, andando a scavare nei meandri dell'anima, fino a porsi, tra sé e sé, il più antico quesito archetipico del mondo, dopo la creazione biblica, ergo scientifica, e quella ragionata, nonché divina: < L'uomo, in quanto essere sapientemente plasmato ad immagine e somiglianza del divino, del sovrannaturale e del razionale, secondo una precisa metafora imprescindibile tra sacralità, vanità, giustizia, e profanità, è mai stato in grado di comprendere a pieno il senso di responsabilità secondo il quale l'Altissimo lo ha generato e predisposto? È mai stato in grado di discernere fra ragione e sentimento, fra protagonismo carnale e spirito di adattamento agli eventi che si susseguono e cambiano nella forma e nella sostanza, nell'habitat in cui è stato posto proprio per ragioni evolutive?> Chi può e potrà mai realmente dirlo. Non ci è dato sapere, ancora oggi, se l'uomo in quanto tale, è mai riuscito a rispondere a queste domande e a discernersi fra ragione, volontà di affermazione e sopraffazione sul prossimo. Perfino su suo fratello di sangue (e da qui il riferimento alla storia di Caino & Abele); ed ecco che dove l'intelletto, spinto fino al limite della razionalità della psiche terrena non arriva, interviene la musica, con tutti i suoi aspetti e crismi melodici, tecnici, e sonori, assieme alla motivazione profonda e al senso di "curiositas" del compositore stesso.
Sensorialità ed emozionalità sono dunque le due facce della stessa medaglia che entrano in gioco, prepotentemente, nel cervello e nell'orecchio dell'ascoltatore che si avvicina per la prima, o seconda volta, ad un genere, o meglio, un vero e proprio "quadro d'esposizione" musicale e immaginifico, tanto innovativo quanto sperimentale sul piano delle percezioni (rispetto alle radici classiche del "recital" o del "concerto guidato", in voga fino ad un recente passato).
Il <bene e il male> si scontrano, combattono intensamente, e infine si intersecano tra di loro a colpi di ritmiche gravi, meccaniche, veloci, tartassanti e dissonanti, come in una sanguinosa guerriglia fra acerrimi nemici, che si protrae a lungo sul campo di battaglia, che diviene metafora e perifrasi di un pittore contemporaneo, che preso da impulsi e moti conflittuali, lancia con ardore dalla propria tavolozza e dai suoi secchielli gli schizzi più significativi su tela bianca e anonima, mischiando i suoi pensieri e le sue motivazioni attraverso colori accesi, contrastanti e complementari fra loro, atmosfera che il pianista in questione, Grifa, ricrea e propone, come in un quadro moderno, sulla scaletta della sua "tela musicale", ispirata all'arte, ai moti dell'animo umano, al divino, e alla musica contemporanea.
Oltre alla comparazione di elementi filosofici, artistici e musicali, la composizione "Danze di Guerra" è costituita da un altro interessante intreccio di elementi metaforicamente molto interessanti, se accostati a una lunga tradizione antica ed esegetica. Se l'incipit (Prologo) del pezzo, ovvero la rappresentazione delle riflessioni sul bene e sul male dei fratelli Caino ed Abele, infatti, si basa su arcaismi compositivi e storiografici, resi acusticamente dall'arguzia e dall'intelligenza del compositore attraverso la citazione di antiche scale tonali e modali, melodie gregoriane e ambrosiane, che risuonano vaghe nell'etere della sala per destabilizzare lo spettatore con il conseguente contrasto meccanico e ossessivo dell'evolversi della trama, che riprende a sua volta l'ancestrale percorso della precedente creazione in "Inno Alla Terra", per poi esplodere nel fratricidio di Caino ai danni di suo fratello Abele, la conseguenzialità degli eventi, prima del crudo epilogo, scorre, nella scaletta, fra una serie di immagini molto forti, tragiche, sacre, religiose, pittoresche e animalesche. Dopo la Nascita delle Stelle, punti di riferimento della vita umana nella dimensione divina, la venerazione, parafrasata e simbolica degli Altari Santi (o legame con Dio), prima di arrivare all'episodio sanguinoso e conclusivo, si deve imbattere in una serie di Simbologie animali, come in una sorta di percorso guidato, o labirinto circolare, come cammino di vita, dalla nascita, alla capacità riflessiva, fino al dubbio diabolico, scaturito dalla compromissione delle capacità razionali dell'uomo, e quindi fino all'abbattimento stesso di una vita umana, per la prevalenza di un'altra, per la paura silente del più forte (Caino) della preferenza di Dio Padre e Creatore verso il più debole (Abele). E questi sostantivi-oggetti sono resi (per volontà compositive di Grifa) da specifiche immagini, accostabili a quelle della pittura primitiva e rudimentale su pietra delle caverne, e sono compatibili con quattro figure animali, che in un passato molto lontano, sono state accostate sia in letteratura, che in storia delle civiltà, ad una sorta di simbologia divina: il daino, paragonato ad un'aurea mistica e ascendente, il cane, paragonato all'apparizione diabolica, tentatrice e instillatrice del dubbio omicida, il serpente, che nell'atto tremendo del fratricidio avvolge, stringe e soffoca nella sua presa la preda prescelta, finché la sua presunta innocente anima non lasci il corpo e la dimensione mortale, e infine i mosconi, i quali rappresentano perfettamente l'immagine della morte e della decomposizione umana. E per finire, l'immagine dell'omologazione alle guerre per la supremazia, e del tempo che scorre inesorabile, è volutamente resa dal pianista-compositore con una marcetta lugubramente allegra, che riprende il tema iniziale di Inno Alla Terra, con lo sfilare di una parata di colonialisti che marciano e calpestano il suolo sacro, dopo aver distrutto nel tempo intere civiltà, per l'imposizione della propria, e del dominio sulle future. L'uomo, ancora una volta, diviene iniziatore, costruttore, distruttore e omologatore della propria vita, a scapito della sacralità della stessa. Lo stile musicale e di illuminazione dell'Auditorium per la resa di tutte queste scene così emozionanti, ed immagini crude, è volutamente greve, meccanico, ripetitivo, oscuro, fatta eccezione per il Prologo e per l'immagine del Colonialismo.
Per quanto concerne la seconda parte del programma, o del "quadrod'esposizione" contemporaneo, la scelta di Grifa si fa meno plumbea e meno riflessiva, e va a riprendere, sulla tastiera, alcuni elementi tecnici della storia della musica tradizionale, dal gregoriano al classico, dal pop al romantico, dal virtuoso al contrappunto, fino ad arrivare all'elettronica, più confacente alle orecchie dell'ascoltatore moderno, con un inconfondibile tocco, oserei definire quasi "paesano" (nel senso di molto somigliante alle nostre tradizioni locali), e personale del pianista.
Sui tasti si alternano dunque melodie del calibro di: "Smells like teen spirits", "Per Sora Nostra Acqua", ispirato e dedicato al "Cantico dei Cantici'' di SanFrancescod'Assisi, "Carol of the Bells", melodia natalizia rivisitata e virtuosizzata dal pianista stesso, e una "Coda finale", altro arrangiamento di Grifa, per omaggiare i fasti barocchi di Antonio Vivaldi. Al termine del concerto, e dopo un primo impatto e una visione generale del tutto talmente ricca di emozioni e di immagini sacre, profane, virtuose e melodiche, non si può non restare colpiti dalla maestria del Maestro Christian Grifa, dal suo meticoloso studio della meccanica e del suono del pianoforte, dell'acustica polifonica ottenuta dall'allestimento tecnico della sala di registrazione ed esibizione, e dalla grande forza di volontà dello stesso di trasmettere nell'ascoltatore, al contempo spettatore, di un senso di euforismo personale per ogni individuo che assiste al suo concerto d'esposizione, e quindi di novità, di passione, forza, emozione, che trascende dal classico recital musicale, per lasciare spazio a nuove sensazioni e percezioni sonore, a cominciare dal pianoforte preparato, per finire con gli arpeggi e i "salti mortali" da una tonalità all'altra, tipici di qualsiasi virtuoso della tastiera che abbia la capacità di poterli eseguire senza indugi e con grande enfasi.
Personalmente, da recensionista spettatrice dell'evento, mi sento di consigliare a chiunque la visione di una performance del Maestro Christian Grifa, in modo tale da poter ammirare la sua arte visivo-musicale e per poter esprimere e diffondere grande entusiasmo per un evento del genere.
Credits (c): Per la gentile concessione delle fotografie N°2,3,4, ringrazio l'associazione Provocult, e l'autore, Nicola Ritrovato.
- Link all'ascolto guidato alla precedente composizione: "Inno Alla Terra" (Scene di danze tribali per pianoforte preparato), disponibile su:
Una domanda impegnativa, un titolo quasi al limite della polemica, un tema da sovraesposizione mediatica e sociale. Eppure costituisce l'argomento principale della giornata attuale, per il nostro paese e per tutte le donne che ne fanno parte. La parità di diritti delle donne oggigiorno solleva ancora più polveroni del secolo scorso. E oggi quella voglia di riscatto e di equità, in quanto "essere pensante", diventa il cuore pulsante del progetto canoro di Ylenia Mangiacotti, in arte Yami, nostra concittadina, che già da tempo si impegna su vari fronti per portare avanti a testa alta la rivalsa artistica non solo di sé stessa, bensì di un intero paese. Dopo un lungo periodo di silenzio, di saracinesche abbassate, di porte chiuse e di palchi lasciati a maggese - per citare un malinconico classicismo letterario e risultare oltremodo eleganti, la Musica è tornata a bussare alla nostra provincia e ad affacciarsi alle finestre del nostro paese quasi assopito dalla monotonia di un periodo nero, con la forte melodia di "Come le Bambole", la nuova canzone inedita di Yami, da lei scritta ed interpretata, e composta dalla pianista Palma Mangiacotti, e arrangiata dalle sapienti di Alessandro Di Lascia. Nelle giornate appena concluse del 5 e 6 maggio 2021, si è tenuta a Foggia la tredicesima edizione nazionale del concorso canoro e musicale Umberto Giordano, presso il Teatro del Fuoco, a cura del direttore artistico, Lorenzo Ciuffreda, e del presidente Gianni Cuciniello, oltre che da uno staff tecnico attento alle minuzie. Fra le numerose esibizioni candidate di cantanti e musicisti, nonostante le difficoltà delle regole anti-covid, è riuscita a spiccare, su tutti, l'emozionante e graffiante voce soul-rock della sangiovannese Yami, che stavolta si è voluta misurare sul tema sovracitato, dell'importanza di "essere donna, non solo apparirlo"; la cantautrice, coadiuvata da un team di tutto rispetto, con grande personalità e con la coraggiosa scelta di esibire un look diverso rispetto al suo solito, semplice ma deciso, monocromatico (bianco e nero in contrasto su tutto), grafico e minimal chic, è riuscita a convincere a pieno al primo ascolto e a trasportare con grande ardore la giuria tecnica dell'occasione, presenziata dal grande Red Canzian, storico musicista italiano del gruppo Pooh, al punto da strappargli una standing ovation per le sue abilità tecniche e canore, per l'importanza del testo e del messaggio volutamente e completamente al femminile del brano, e per la viscerale emozione con la quale è stata capace di trasmettere tale tematica. Non sono inoltre mancati commenti positivi dagli altri giurati, oltre che dal presidente, per le sue innegabili capacità di cantante, per la scelta del look e per tutto il carattere dimostrato non solo nella performance. A fine valutazioni, la cantautrice si è meritatamente piazzata al secondo posto nella categoria "over" e ha vinto il prestigioso e ambito "premio della critica Stefano D'Orazio" (fra i trofei più gettonati e importanti del concorso U.G, per i partecipanti), consegnatole da Canzian con grande emozione di fondo, per la sua storia e per il suo valore.
Come al solito Ylenia Mangiacotti non delude mai e il paese di San Giovanni Rotondo non può che essere orgoglioso di sostenere questo grande talento artistico, che da anni regala grandi soddisfazioni! Un in bocca al lupo alla nostra cantante è d'obbligo, oltre che al paese, per una significativa rinascita dopo l'oblio di una pandemia infinita.
Sotto, in evidenza, i video riassuntivi dell'esibizione di Yami, della premiazione e dei commenti salienti della giornata del 6 maggio.
Da S.Giovanni Rotondo al ProSceniUm Festival: l'appassionante storia da
cantare di Ylenia “Yami” Mangiacotti
diFrancesca Papagni
Quando
la passione, la capacità, il talento e la qualità si
mescolano alla perseveranza, alla costanza e alla risolutezza,
ecco che il risultato finale non può che essere un importante
successo, dal quale si diramano una serie di rilevanti traguardi
conquistati con tenacia, ed ogni obiettivo raggiunto diviene simbolo
di meritato orgoglio: questo potrebbe essere l'incipit della
storia di un notevole percorso artistico e musicale che
vale un'intera vita di interminabili – ma al contempo apprezzabili
– sacrifici; questo è senza dubbio il più significativo passaggio
nel percorso musicale di Ylenia (in arte “Yami”)
Mangiacotti.
Dopo
numerosi steps, una moltitudine di concorsi, di prove, e di tante
altre esperienze non meno importanti nel campo della musica,
direttamente da San Giovanni Rotondo, il già consolidato
talento nostrano di Ylenia Mangiacotti, approda per la seconda
volta al “ProSceniUm Festival”- Progetto Scenico Umbro (in
verità, vi partecipò anche nel 2019, conseguendo un ottimo
risultato finale, ma non nella singola veste cantautoriale con la
quale si esibirà nella prossima attesa terza edizione, bensì in
qualità di interprete, in coppia con un'altra eccellenza musicale
che il territorio di San Marco in Lamis può vantare di avere
sulla scena da diversi anni: Michela Parisi). Tutto ciò non
può che essere motivo di orgoglio per il territorio della
Capitanata: la nostra terra, talvolta lasciata a maggese, per quanto
concerne ogni tipo di attività artistica, appare al contrario
rigogliosa, e dunque florida, di personalità emergenti, soprattutto
nel campo della musica, dello spettacolo, del cantautorato moderno,
alcune delle quali, come nel caso di Yami, davvero molto
significative.
Fra
tecnica, cuore e preparazione, Yami: dagli albori ai giorni odierni
Una
voce “graffiante”, che tocca le corde dell'anima, che emoziona
l'ascoltatore fino a farlo rivoltare sulla sedia (in senso più che
buono, ovviamente!), che conquista, che fa sussultare cervello e
cuore, che convince per chiarezza, potenza e tecnicismi sapientemente
dosati nelle sue interpretazioni, inseriti fra una riga e l'altra dei
vari testi da lei stessa decantati, che spaziano da un repertorio
inizialmente italiano, classicamente pop, il quale prende poi
tutt'altra vena, fino a diventare, col passare delle tracce
evocativamente rock, fino al midollo, e che vuole suscitare
nell'ascoltatore, con tenacia e con animo, un senso di sicurezza, ed
evidenziare tutta la passione scaturita dalla sua grande
voglia di fare bene e di mettersi in gioco, per la musica e per gli
eventi stessi che la vita le pone dinanzi, ma anche una dolce e
amara, malinconica vena di nostalgia, un senso di appartenenza
e di orgoglio che affonda le proprie radici nella nostra terra, e in
tutto ciò che appartiene alla sfera emozionale e sensoriale
della sua arte musicale. Se si potesse sintetizzare in poche
righe quello che si percepisce dall'ascolto di Ylenia, senza ombra di
dubbio, il risultato finale equivarrebbe a queste definizioni. Nelle
sue note c'è quindi sia un forte ma modulato sentimento, che
tecnica; entrambi sono equiparabili, e rappresentano, durante
le sue esecuzioni, due elementi imprescindibili nel suo
cantato. Non potrebbe essere altrimenti. Senza la naturalezza con la
quale riesce ad esibire, nel suo cantato, una serie di raffinati e
modulati tecnicismi, non riusciremmo infatti a percepire
completamente il potere del “graffiato”che ne viene fuori, e
tutta una serie di emozioni ad esso concatenate, che lei stessa vuole
comunicare a tutti i costi; quel graffio sta a simboleggiare tutta la
fatica e la forza spese per raccontarci chi è riuscita a diventare
nel suo percorso, in un mondo che non lascia più spazio
all'immaginazione. Dunque Yami potrebbe essere definita
l'interprete e la cantautrice dellapassione,
dei sentimenti, dell'intraprendenza, della vita, di chi sa
cosa vuol dire costruirsela da sé, di chi sa apprezzare a tasselli
la gioia che questa regala, e che sa cosa chiedere al futuro: fare
della musica una ragione di vita, vivere per lei, e di lei,
narrando al suo pubblico una verità talvolta difficile, che spinge
ad arrivare fino ad importanti traguardi.
Sin
dalla tenera età, infatti Ylenia,Yami (classe 1990) viene
catapultata verso il mondo delle note, spinta da
quell'innocente curiosità tipica dei bambini, e
dall'osservazione di suo zio, mentre era dedito allo studio della
chitarra, e all'ascolto delle grandi pietre miliari della
musica rock, come i mitici Pink Floyd, il cui sound non sfuggì
alle sue orecchie attentissime, sebbene abituate ad altri generi più
tradizionali e più usuali. Tutto ciò accade poco più di un
ventennio fa, in quel di San Giovanni Rotondo, città in cui
ancora oggi risiede, vivendo in tutto e per tutto di arte. Non
solo, infatti Ylenia è un talento musicale, ma anche
artistico: coltiva in contemporanea anche la passione
per le arti visive, per il disegno digitale,
l'informatica, e quindi, la grafica, la fotografia,
e...dulcis in fundo, anche per l'estetica: dopo
aver seguito variegati progetti, ottiene la qualifica di estetista,
onicotecnica, e make up artist specializzata; doti e capacità
- concentrate in una sola figura - non usuali, potremmo
tranquillamente affermare!
Dall'adolescenza,
nella testa di Yami si chiarifica saldamente la decisione di
intraprendere con serietà un percorso musicale ragguardevole:
una volta scoperto il suo obiettivo principale, niente potrà più
cancellare il suo eterno amore per le sette note. Si approccia dunque
al canto e allo studio della chitarra classica dall'età
di 6 anni - fino ai 9 anni verrà seguita con zelo da suo zio, nonché
esigente maestro, poi interromperà lo studio tradizionale dello
strumento per qualche anno, per ritrovarlo, da autodidatta, all'età
di 14 anni - entrando a far parte del coro di una delle principali
parrocchie del suo paese e vi rimane per oltre un decennio,
conducendo una proficua e vasta attività teatrale e musicale,
organizzando anche numerosi spettacoli per le scuole medie ed
elementari.
Passa
presto allo step successivo, cominciando ad esibirsi con il pianobar
in numerose feste, sagre e serate locali, e comincia ad iscriversi ai
primi concorsi canori provinciali, ottenendo
riconoscimenti nonché diverse lodi per le sue capacità vocali
(nonostante non abbia ancora frequentato nessun vocal-coach o esperto
in materia!); e ancora, prende parte a commedie musicate e a
differenti formazioni musicali, con la Nuova compagnia di
Teatro Popolare, e canta le melodie garganensi e pugliesi in
gruppi folk, tra i quali, ad esempio, si ricordano leex
Affolkate, fondate nel 2011, divenute poi le attuali Mulieres
Garganiche, ancora all'attivo. Successivamente sente il bisogno
di unirsi a una band per concretizzare alcuni aspetti teorici delle
sue esibizioni, e si riscopre come corista per il gruppo The
Lisert (cover-band di Elisa), dove conosce per la prima
volta la cantante Michela Parisi,insieme alla quale
formerà il duo acoustic & pop-rock “MikYami”,
rimasto attivo per tre anni, e recentemente sciolto.
Lo
studio del canto, il percorso interiore, la maturità di Yami
Dopo
aver coronato un altro suo grande sogno nel cassetto, ovvero quello
di cantare con molte band e formazioni “reali”, Yami
decide finalmente di iscriversi alla scuola
di musica e canto
Novecento, per
approcciarsi in maniera più matura e consapevole allo studio del
canto, e lo fa scegliendo una vocal-coach di grande rilievo, nonché
altro grande talento nostrano, alias Cristina Bisceglia.
Attraverso dritte e
nozioni ben precise, Ylenia
scopre un nuovo modo di fare musica, apprendendo la tecnica Vocal
Power, che le permette
di affinare ulteriormente le sue capacitàvocali,
sperimentando nuove
esperienze timbriche, espressive e di modulazione, spogliandosi
dapprima di tutti gli orpelli virtuosistici e ripartendo
razionalmente dalle fondamenta della materia, fino ad arrivare a
risultati molto soddisfacenti per quanto concerne l'estensione
vocale. Dopo questa esperienza conosce e frequenta masterclass di
altre famosissime e rinomate vocal-coach, come Cheryl
Porter e Maria
Grazia Fontana, le quali
apprezzano tutt'ora le sue capacità canore.
Dopo
la scuola, vuole sperimentare però un'ulteriore strada: quella
della scrittura, per
mettersi alla prova. E dunque, da interprete semplice, diviene,
oltre che arrangiatrice dei suoi primi lavori da solista
(suona ormai da anni molto bene, da autodidatta, la chitarra
acustica), anche cantautrice,
e lo fa anche grazie ai preziosi consigli di Alessandro
Di Lascia (frontman dei
Franklin, band di
spicco già presente da anni sulla scena, che vanta di numerose
esperienze musicali significative, come il “Premio della critica”
conseguito a Sanremo 2008), che scrive per lei il brano 610
(seiunozero), pubblicato nel
2015, e che si occupa ancora tutt'oggi degli arrangiamenti
progettuali di Yami.
Il
suo curriculum si arrichisce di altri scalini significativi: comincia
a frequentare studi di registrazione, in qualità anche
di turnista, e, in parallelo continua la sua attività canora da
solista, accompagnata da band di livello, per alzare ancor di più la
qualità delle sue esperienze. Si approccia all'arrangiamento di
cover in chiave pop, rock, alternative-rock, electro-rock,
calcando numerosi palchi e concorsi pugliesi. Si appassiona sempre
più al genere rock e ascolta grandi nomi del panorama mondiale,
come: Pink Floyd, Janis Joplin, Afterhours...e alla sfera
cantautorale italiana. Nel 2016 prende parte a vari eventi e tributi
come corista, e nel 2016 crea il trio acustico UniVoci,
destinato però a breve vita, costituito da due voci e chitarra
acustica, con il maestro Luigi Pagliara e con il collega e
cantante Matteo Brento (concorrente di X Factor Albania).
Partecipa con grande motivazione, durante i medesimi periodi, anche a
manifestazioni canore di spessore (specialmente con il duo
musicale MikYami, nel 2017, in concomitanza al concorso canoro
“Comet'incanto” presso la Città della Scienza di
Napoli), a masterclass e seminari di scrittura con autori
famosi, produttori discografici e musicisti rinomati, quali: Tony
Bungaro, Marco Canigiula, Niccolò Agliardi...
Qualche
tempo prima, nota non meno importante, c'è la sua partecipazione
anche ai provini nazionali di manifestazioni del calibro di X
Factor, The Voice e Amici, ma non riesce a raggiungere le
fasi finali, collegate con le dirette nazionali in tv: per una serie
di motivi futili e a noi oscuri, il percorso di Yami nei talent si
interrompe ancor prima di cominciare. Ma, fortunatamente, <non
tutti i mali vengono per nuocere>, recita un famoso proverbio
popolare...
Il
Duo MikYami: il cuore pulsante del percorso artistico, che anticipa
“Yami – cantautrice”
La
carriera musicale di Ylenia comincia a prender forma dopo l'edizione
del concorso canoro napoletano “ComeT'incanto”, assieme
alla sua collega Michela. Il duo MikYami, dal 2017 ad oggi ha
ottenuto cospicue e rinomate partecipazioni ai più difficili e
inaccessibili concorsi del Tavoliere e non solo! Campania,
Puglia, Centro-Italia: numerose le destinazioni raggiunte dalle due
interpreti dalla voce complementare tra di loro. La voce
graffiante e sferzante di Ylenia, Yami, si è sempre unita
in un connubio vincente e grintoso per chi ascolta, con quella dolce,
melodiosa, carezzevole, leggiadra, ma altrettanto potente di quella
della sua collega Michela Parisi. Vibrazioni e sensazioni
persuasive si hanno ancora oggi, nonostante il duo si sia sciolto,
nel leggere e interpretare i loro testi, i quali richiamano alla
mente rilevanti temi sociali, quali: l'accettazione, l'amore, la
mafia, la solitudine, la depressione, e la perdita di una persona
cara, e sono stati scritti talvolta in maniera individuale, talvolta
in collaborazione, a quattro mani. La loro unione di testi, musica,
cuore e parole ha dato vita a un notevole progetto discografico dal
nome “Prisma” - pubblicato e presentato a San Giovanni
Rotondo nell'estate del 2018 (nonché loro primo concept-album), che
tutt'oggi è ancora presente e scaricabile su tutte le piattaforme e
stores digitali. Il senso del disco voleva essere discorrere e
parlare attraverso 12 canzoni da ascoltare una dopo l'altra, in
ordine di scaletta, di quell'amore puro e fondamentale, che è in
grado di plasmare e di accrescere la vita quotidiana dell'uomo; un
amore che va oltre il signficato tradizionale, che racchiude un
doppio e ambivalente significato; amore nel senso di amare, amore che
sfocia in un devastante dolore, che poi porta alla rinascita, alla
crescita. Amore è tutto ciò che si evolve con l'uomo, e lo
migliora, giorno dopo giorno. Da qui si dirama e si comprende meglio
il significato del metter in copertina un “Prisma”, senso
cardine di tutto il disco. Dopo tutto questo grande impegno che le ha
portate verso questo grande traguardo, a livello professionale e non
solo, non si può non citare la loro partecipazione e vittoria a
festival come: Area Sanremo – semifinali nazionali, 2017, Evoli
Festival 2018, Concorso Umberto Giordano 2018, 2019, e 2020, dove in
giuria, annualmente si alternano interpreti e musicisti di importanza
nazionale e internazionale come: Piero Pelù, Elio e le Storie
Tese, Silvia Mezzanotte...
Il
ProSceniUm Festival 2019 e 2020: un sogno che diventa realtà
Nel
2019 il duo MikYami, dopo delle accuratissime selezioni, fra più di
160 artisti provenienti da tutte le province italiane, finalmente
sbarca sulla piattaforma del Progetto Scenico Umbro. Il ProSceniUm
Festival è uno fra i pochi festival di musica leggera in Italia
che vanta un'orchestra ritmo-sinfonica di ben 35 elementi, che
accompagna i cantanti partecipanti durante le loro esibizioni. Si
svolge ogni anno, generalmente in autunno, o in casi specifici, come
per l'edizione 2020/21 in primavera, al teatro Lyrick
di Assisi, che si compone di un'enorme sala ad
anfiteatro, capace di ospitare fino a 1000 spettatori, in un'unica
platea. Nell'edizione scorsa, del 17
ottobre del 2019, le MikYami sono riuscite a passare fino
alla fase finale del concorso, con il brano “Risplendere”,
scritto e composto dal duo stesso, sotto il giudizio tecnico di una
giuria musicale e di qualità di tutto rispetto, che vanta la
presenza di artisti quali: Red Ronnie, Francesco Facchinetti,
Roger Wright, Ron, Beppe Dati, e molti altri. La canzone ha
gareggiato con altre undici proposte, selezionate fra 165
candidature, e ha ottenuto un buon riscontro fra pubblico e
giuria di qualità.
E'
quasi una rarità, un evento unico, che due ragazze del nostro
territorio, Yami compresa, siano riuscite a raggiungere un traguardo
del genere in punta di piedi, quasi sotto gli occhi indiscreti del
paese, senza destare il minimo sospetto. E' in situazioni come queste
che un sogno sudato diventa realtà, dopo anni ed anni di sacrifici,
di prove, ed è proprio in determinati contesti che l'intera
comunità, il comune del nostro stesso paese dovrebbe imparare a dare
il giusto merito e adito al talento evidentissimo e oltretutto
nostrano, affinché la bandiera sangiovannese, e l'aquilone del
talento garganico, possano un giorno “risplendere” alte nel
cielo, accanto a quelle di altre località ben più note, per vari
motivi.
Nell'edizione
novella del “ProSceniUm” del 2020, che sarà per motivi
relativi alle misure anti-corona virus, posticipata al 24 aprile
del 2021, sarà protagonista la nostra Ylenia-Yami, ma non
più in veste di interprete e/o duista, bensì di cantautrice
emergente, insieme ad altri undici musicisti rinomati...ma
attenzione: oltre a lei, ci sarà in gara, come solista, anche la
collega sanmarchese Michela Parisi, che lo scorso anno aveva
partecipato proprio assieme a lei nella stessa categoria. Sarà un
magnifico evento, una competizione unica, un testa a testa senza
precedenti. Infatti, nella storia della musica cantautorale locale, è
la prima volta in assoluto che San Giovanni Rotondo scende in campo
in un concorso di questo calibro schierando una sua figlia d'arte,
che gareggerà poi addirittura contro un'altra personalità emergente
dello stesso territorio. Sarà per certo una sfida musicale ad alta
intensità, all'ultima nota, data la qualità delle nostre
compaesane, una qualità che non passa inosservata. Noi del
territorio sangiovannese ci auguriamo che la nostra Yami,
Ylenia, possa splendere come un diamante grezzo sul palco umbro, come
mai si è verificato prima d'ora, e non possiamo che augurarle un
immenso in bocca al lupo, e sperare con lei che riesca ad
aggiudicarsi la vittoria, coronando il suo più grande sogno, ovvero
quello di vivere di musica e per la musica, e lo meriterebbe, data la
sua lunga storia, dato il suo percorso, dall'alto del suo talento
caparbio, che da sempre l'accompagna e non l'abbandona. Attendiamo
fiduciosi la competizione, e incrociamo le dita!
Nuovi
progetti e nuovo disco da solista per Yami... dopo il duo.
Recentemente
abbiamo appreso sul web la notizia dello scioglimento del duo
MikYami, e con grande rammarico per le nostre orecchie, abbiamo
dovuto accettare la notizia e passare oltre. Tuttavia, la vita e il
fermento musicale delle due artiste, Ylenia compresa, non termina
assolutamente qui. Fra qualche tempo, il pubblico sangiovannese sarà
lieto di poter ascoltare la nuova produzione musicale di Ylenia
grazie all'uscita, da solista, del suo nuovo disco, in cui ha deciso
di investire e impiegare tutta sé stessa. Sarà un nuovo inizio per
la nostra artista, e certamente riusciremo a cogliere ancora meglio
l'anima rock e rivoluzionaria di Yami, che ancora una volta, dopo
tante vicissitudini, riparte e ricomincia da sé stessa, mettendosi a
nudo per la musica, e buttandosi alle spalle quelle macerie crollate
da muri di vecchie glorie e castelli di rabbia passati. I mesi che
verranno saranno molto impegnativi, sia a livello emozionale, sia a
livello personale, ma siamo sicuri che il carattere caparbio della
nostra artista avrà la meglio, e la porterà verso grandi mete.
Aspettando il disco da solista, proprio oggi, sabato, 31 ottobre 2020, abbiamo il piacere di poter ascoltare la cover di “Marmellata 25”, celebre canzone portata alla ribalta
dal cantautore Cesare Cremonini, rielaborata in maniera personale e sofisticata dalla voce dalle mille sfaccettature di Yami. Con questo brano, infatti, viene fuori un altro lato della cantautrice, che negli anni passati non eravamo ancora riusciti ad apprezzare a pieno. La pubblicazione di questa cover, fortemente voluta dall'artista, segna il passaggio dalla "tempesta", rappresentata da una travagliata quotidianità con la quale ultimamente si era ritrovata a convivere, anche in vista degli ultimi eventi mondiali che hanno colpito il mondo intero, finendo in una movimentata "tempesta" dell'anima, ad uno status di consapevolezza delle proprie capacità, che l'ha portata poi ad intraprendere un percorso innovativo, individuale, personale, in una sorta di "quiete" dell'anima, mettendo finalmente in musica una nuova maturità, contornata da una grande serenità, sia artistica che vocale. Oltre alla Yami grintosa del passato, siamo felici di apprezzare questo nuovo lato sensibile e romantico (nell'accezione più intellettuale del termine), che avremo modo di scoprire ascoltando i suoi nuovi prodotti musicali e grafici.
- Noi, dal web, non vediamo
l'ora di vedere il risultato del suo nuovo percorso, date le sue indubbie doti e la sua
indiscutibile sensibilità di interprete!
Link diretto al video di "Marmellata 25":
Difficoltà
nel percorso cantautorale femminile nel territorio della Capitanata e
del Gargano.
Essere
“donna” e musicista, talvolta costituisce non un motivo di vanto
e di orgoglio, ma
di negligenza, per il nostro territorio. Tutt'oggi sono tante le
difficoltà che purtroppo si evincono nel percorso femminile di una
cantautrice,
la cui unica colpa, se così si può definire, è solamente quella di
esser nati nel cosiddetto “mezzogiorno di fuoco.” Fa strano
trattare di una discrepanza sociale di un tale livello nel 2021
(quasi), eppure, parlando anche con la protagonista del nostro
articolo, è venuto fuori che essere donna, ed essere cantante,
interprete ma soprattutto cantautrice,
e decantare temi
sociali scottanti,
scomodi, dimenticati, obsoleti e immeritevoli di esser raccontati
alla società (secondo qualcuno, cit.) può essere motivo di
penalizzazione all'interno di un percorso, così come in diversi
contesti, perfino all'interno di un teatro, o di un locale, nei quali
verrebbero proposti.
Esser
considerati poco credibili, visionari, o peggio, ostinati, non è un
passo verso il sogno, bensì verso l'oblio. Ed è per questo che il
nostro territorio dovrebbe preoccuparsi oggigiorno di valorizzare, ma
soprattutto di ascoltare, cosa hanno da dire i figli della propria
terra, prima di spedirli con il primo volo, o col primo traghetto
verso terre lontane, ad emigrare, per garantirsi un futuro stabile,
roseo. La maturazione musicale ed etica di un'artista, di un
musicista, dovrebbe crescere di pari passo con quella del pubblico
che li ascolta, poiché dove non c'è “volontà di mettersi in
gioco”, non vi è nessun processo di crescita e di arricchimento.
Sarebbe bello poter augurare al nostro paese di poter crescere ed
investire insieme ai suoi artisti, all'unisono, senza vietare o
proibire alcun tipo di forma d'arte e di espressione.
La commedia portata in scena da
Salvatore Sassano e dalla sua compagnia teatrale
“Libera-Menti”,
quest'anno si è fatta portatrice di nefasti ma allo stesso tempo
realistici ed esplicativi messaggi, estrosamente espressi in una
rilettura contemporanea, essenziale, sapiente, satirica e sagace del
quotidiano dalle intuizioni registiche e sceno-tecniche.
Volutamente minimalista, oscura e simmetrica la scenografia e i
giochi di luce in essa inseriti, per sottolineare l'inarrivabilità
del voler provare a mutare il corso e il decorso degli eventi in
determinati contesti sociali. E non potevano che essere sperimentali
e rock gli intermezzi musicali in sottofondo.
Il potere, interpretato
secondo le intuizioni primarie di una clac politica al limite
tra credibilità e stravaganza, illustrato dal vivo entusiasmo del
decostruire per ri-cominciare, reso da salde alleanze e
dall'ipotetica creazione di un partito deciso, risoluto, diretto al
cuore delle masse costrette in seguito a subirne le stesse influenze
tanto concrete quanto grottesche, diviene, nel primo atto l'argomento
assoluto, quasi monarchico, fra argomentazioni abituali, ironiche
arringhe ed eclatanti colpi di scena, egregiamente resi dalla
recitazione, addirittura mordace e caricaturale degli attori in
scena. Ben presto, a conti e tornaconti fatti, diviene tuttavia
miseria per gli stessi seguaci, per il suo capostipite,
o meglio, sindaco
cialtrone, e per ogni tipo di sentimentalismo, al
quale viene lasciato nel finale uno stringato, impacciato e incredulo
fraseggio depositivo, a definizione di una dimensione governativa
asettica e vuota, alla quale si viene passivamente condannati. La
realtà dei fatti diviene un meccanismo dispotico atrocemente veloce
negli ultimi passaggi di scena; non c'è tempo né spazio per alcun
tipo di riflessione personale: la forza decisionale e democratica dei
pochi consiglieri amici-nemici non lascia scampo a quello spiraglio
di positività che tende al cambiamento.
Lo stesso potere, nel secondo
atto celebrato dai fasti di un'azienda talmente perfetta da risultare
irreale all'occhio umano, dallo sfarzo e dall'esagerazione del lusso
aziendale diventa un vortice di messaggi pressanti e soffocanti,
talmente veloci da creare attimi di panico e silenzi singhiozzanti
sulla scena, generati da monologhi sfiniti e infiniti, quasi al
limite del patetico, da una chiara linea di meccanismi machiavellici
di chi è al di sopra del già di sopra, da forze innominabili e
subdole, contro le quali ogni opposizione risulta economicamente
destinata a fallire. Protagonisti assoluti della scena, in questa
tranche, uniti ai vertici di una scenografia spigolosa, come in un
triangolo isoscele dalle linee duramente definite, fra monologhi e
frecciate a volte beffarde, a volte titubanti, un direttore
decisamente troppo permissivo
e vulnerabile, la sua azienda, quasi casa-famiglia, e i
suoi più stretti collaboratori; l'atmosfera del fallimento di
ogni potere e decisione economica è ben raffigurata dall'alternanza,
in ogni dialogo, dai convincenti messaggi “promozionali” delle
segretarie d'ufficio, e della sua stessa prole, i quali non si
lasciano sfuggire un colpo per confondere nella maniera più totale e
vigliacca lo stesso direttore. Ogni sentimento è ambivalente; ogni
potere è destinato ancora una volta a divenire miseria in un
crollo; l'amore qui equivale solo a promozione, si fa passaggio ad
una carica superiore, talmente alta da esplodere per sfinire nel
finale il suo promotore, il quale tracolla impotente sulla scrivania,
agonizzante e soffocato da mille promesse e mille debiti mai saldati,
fra chiamate assillanti e avvisaglie, tradito dai suoi stessi
affetti, diventati ormai distruttori e divoratori della sua propria
economia sentimentale.
Il terzo atto è in maniera conclusiva
ciò che si può definire un'implosione della parola rivoluzione,
resa scenicamente dalla sospensione
a divinis di un parroco
fin troppo sui generis,
ambizioso e senza pregiudizi. La tranquillità di una comunità, in
questo caso sagrestia,
apparentemente passiva e oltrepassata a livello di vissuto, viene
sconvolta dal suo arrivo e dalla sua permanenza, la quale si rivela
col tempo innovativamente troppo irrequieta, sprezzante e veritiera
per chi è abituato a celarsi sotto il velo sacro di un'intoccabile
ipocrisia, cantata e suonata a modo da citazioni che si rifanno al
cantautorato italiano e da esposizioni di rimorsi e autocoscienze,
fantasticamente rese in scena dall'inserimento al lato della
scenografia di due attori-burattini, in grado di sentenziare
miseramente l'abitudinario corso degli eventi ai quali si assiste
ogni giorno. E si scoprono dunque gli altarini del ruolo di ognuno di
noi non solo in quella sagrestia, bensì nell'ordinario. Ogni frase
pronunziata è come una lama nel petto, e non risparmia niente e
nessuno. Nemmeno la sensibilità di una suora, di una coordinatrice
canora vengono preservate, perché ritenute obsolete e false. Perfino
il segreto della confessione dei sagrestani e un passaggio di
carriera di un fedelissimo seguace ecclesiastico vengono senza alcuna
pietà spiattellati dinanzi alle platee dalla lingua tagliente
dell'impavido sacerdote; ma anche i suoi insoliti e straordinari
progetti sono destinati nel finale alla deriva. L'abitudinario
ancora una volta scavalca il rinnovamento e
si stanzia immobile nella realtà come una calamita sul ferro. La
scomunica è doppia
nel finale: non solo quella del pastore condottiero dalla sua
comunità, ma anche quella del cambiamento a fronte delle viste e
riviste consuetudini.
E noi, pubblico di
una vita già vissuta, siamo effettivamente pronti alla novità, o
siamo destinati a subire ancora il trapasso, la passività di un
finale già scritto in una comune e banale storiella?
Un quesito che
lascia spettatori e attori immobili, con l'amaro in bocca, e
riflessioni ancora acerbe per poter essere esplicate.
Tutto questo è
“Lu Rè”, trattato di un'assurda perspicacia, capace di ribaltare
la tranquillità di qualsiasi platea, al passo con chiari riferimenti
alla letteratura moderna novecentesca e alle strutture politiche
arcadiche. Tutto questo è il potere nella miseria, e la miseria
stessa rivelatrice di un potere già definito da pochi, eletti,
destinati a rimanere, forse immutabili, nel tempo.
“
Il
potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una
dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione;
ma si fa
una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine
della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la
tortura. Il fine del potere è il potere.”-
George Orwell, 1984
Sentiti
ringraziamenti a Salvatore Sassano, Matteo D'Apolito e Christian
Palladino per la regia e i movimeni scenici, Salvatore Marchesani e
Giuseppe D'Altilia per la scenografia e le luci, Luigi Pagliara per
le musiche, e a tutto il resto dello staff della compagnia teatrale
“Libera-Menti”.
San
Giovanni Rotondo, 17/03/2017, Chiostro comunale F.P. Fiorentino,
h.21,30: L'atteso trio “Duet – tre cantautrici, insieme,
cantano Tenco” entra in scena per la prima essenziale, ma
assolutamente non banale, esibizione dedicata alla commemorazione di
Luigi Tenco, cantautore noto per essere stato uno dei massimi
esponenti della scuola genovese, rinnovatrice e stravolgitrice della
musica leggera italiana.
La
serata si è aperta, dapprima, con un delizioso omaggio tenchiano: la
canzone “Da qualche parte nel mondo”, sussurrata e cantata
all'unisono, reinterpretata dalla freschezza e dal talento di tre
ragazze provenienti dal “Liceo Classico Pietro Giannone” di San
Marco In Lamis.
A
seguire, l'immancabile e necessario intervento di due membri portanti
dell'associazione organizzatrice “Mo l'Estate Spirit Festival”,
in ordine: Antonietta Longo, e Stefano Starace, i quali, ancora una
volta hanno sottolineato l'importanza di un sodalizio culturale in un
territorio come il nostro, e la meticolosa cura con la quale, ogni
anno, vengono selezionati gli artisti esibenti: un onore e un vanto
per il pubblico conterraneo, al quale è di certo offerto, ad ogni
rinnovato appuntamento, il talento degli artisti, emergenti e non,
più in voga del momento.
L'ultimo,
ma non per questo meno importante, pensiero è andato al ricordo del
cantautore al quale è stata dedicata l'intera manifestazione: Luigi
Tenco, il tenebroso sognatore, il cantante poliedrico, il crudo
poeta, il destabilizzatore delle platee, il rivoluzionario
fuoriclasse, il genio e la sregolatezza dell'evoluzione musicale
italiana.
Dopo
una breve presentazione a cura di Stefano Starace sulle tre artiste
dai mille talenti (Manuela Pellegatta, Marian Trapassi e Sara
Velardo), nonché mattatrici della serata, si è giunto all'inizio
dell'exploit musicale, caratterizzato da un sound acoustic-simply, e
con una strumentazione strettamente necessaria (chitarra acustica,
elettrica, leggere percussioni, talvolta una tastiera e un'armonica),
perfettamente amalgamata alle loro timbriche energiche, adatta alle
marcate e confortanti personalità delle cantanti, aventi uno stile
italiano e al contempo “gipsy” molto accentuato, ed un percorso
musicale nelle loro corde che sa di esperienza, di raccolto e di
accolto, di terra-madre, di vissuto.
Il
primo brano da loro reinterpretato è stato “Mi sono innamorato di
te”, ballata più famosa del cantautore, in cui l'autore, motivato
da un sincero sentimento, depauperato da ogni illusione romantica, va
a cercare al calar della notte, la donna che ama; a seguire: “Ragazzo
mio”, canzone-lettera quasi profetica, che invita a non eludere mai
le proprie responsabilità, e a credere sempre nei propri sogni ed
ideali; “Ho capito che ti amo”, altra celebre ballata d'amore, in
cui si descrive in maniera totale l'essere conquistati dal più
nobile dei sentimenti, e lo si confessa con altrettanta chiarezza,
fino all'abbandono totale dei sensi; “Ognuno è libero”,
canzone-manifesto pre-rivoluzione del '68; leggendo ed interpretando
il testo attentamente, si potrebbe definire alquanto “brechtiana”,
sicuramente un grande colpo d'intuito dell'autore, nella quale, a
colpi di chitarra viene denunciato il perbenismo borghese di facciata
e sottolineata l'importanza di manifestare la personalità
preponderante - e differente dal resto - della gioventù dell'epoca;
“Se qualcuno ti dirà”, altra tenera ballad, una commovente
lettera d'amore, in cui è chiaro il verso d'amore di un'anima
emigrante, costretta alla lontananza, dedicato alla propria amata, la
quale dovrà afferrarlo, e tenerlo stretto al cuore e alla mente, e
soprattutto non dovrà credere in maniera più assoluta alle dicerie
della gente durante il periodo d'assenza; “Lontano, lontano”, una
delle più acclamate canzoni del Tenco, probabilmente autobiografica,
all'apparenza lascia intravedere testualmente la fine di un amore
importante, celebrando il ricordo malinconico di ciò che è stato e
l'augurio di ciò che accadrà nuovamente alla dedicataria del testo,
in una relazione futura, in un periodo lontano dal tempo e dal mondo;
“Vedrai, vedrai”, canzone-simbolo, e pietra miliare del
repertorio et tenchiano et italiano: dal testo è evidente la dedica,
non tanto alla donna amata, quanto alla propria madre, che aveva
cresciuto Luigi in solitudine e avrebbe voluto per lui un avvenire
sicuro, e senza problemi; d'altro canto, la preoccupazione del figlio
era quella di aver deluso le aspettative della madre, avendo seguito
d'istinto la sua vocazione artistica e musicale, del tutto incerta e
all'epoca scarsa, a livello di successo; “Se stasera sono qui”,
brano con testo di Mogol, reinterpretato dalle più grandi cantanti
italiane, come Mina, Vilma Goich, è una canzone/dedica all'amore,
sentimento capace di andar oltre e perdonare qualsiasi situazione di
tristezza e ripensamento; gran finale con “Ciao amore, ciao”, la
canzone nota per il sucidio del cantautore, dopo l'esclusione dal
Festival di Sanremo del 1967. Pezzo per metà dedicato all'amore, per
metà alla denuncia della società moderna, racconta di una persona
stanca del lavoro e della vita di campagna, e propensa ad allargare
le proprie conoscenze, e inseguire i propri sogni, varcando i confini
della città; una volta nel nuovo mondo, però, il pentimento è
dietro l'angolo, e non c'è più la possibilità, soprattutto
economica, di tornare indietro... Il disagio e la paura di non
contare niente, in un mondo di luci e apparenze, è assolutamente
percepibile tra le righe, tant'è che “Ciao amore, ciao” è
consacrata come manifesto delle perturbazioni malinconiche che
caratterizzarono Tenco.
Le
tre artiste hanno infine concesso il bis proprio di “Vedrai,
vedrai”, ricca di echi e risonanze, e di “Ciao amore, ciao”,
lasciando nel pubblico, assolutamente partecipe ed entusiasta, quel
nodo in gola malinconico tipico dei fine-concerti di Tenco, ma al
contempo anche un'atmosfera carica ed esaustiva, dopodiché si è
passati alla presentazione di tre loro brani, rispecchianti in toto
quanto già citato: personalità e percorsi artistici sentiti e
vissuti, situazioni e pensieri attuali in ognuno, sapientemente
descritti e musicati, con sound gradevoli e sofisticati al punto
giusto, con riferimenti alla musica tradizionale, popolare e che dir
si voglia “country”, indubbiamente graditi dal pubblico.
Alle
loro spalle, durante l'intermezzo musicale, il fumettista Mario
Milano (attualmente collaboratore con la Sergio Bonelli Ediore) ha
abilmente acceso, sulla bianca parete che faceva da sfondo alle
cantautrici, uno straordinario, dettagliato e veritiero ritratto del
Tenco.
In occasione dell'evento “Luigi Tenco, marzo 2017: in qualche parte del mondo”, distribuito in una serie di iniziative che approderanno pian piano in tutta Italia per omaggiare la ricorrenza natale (in data 21 marzo) del cantautore piemontese, l'associazione no-profit pugliese “Mo' l'Estate, Spirit Festival”, giunta ormai alla sua XXIV edizione, presenterà un progetto unico nel suo genere: tre appuntamenti canori e celebrativi riguardanti il compianto cantautore, musicati dalla grazia vocale del trio “Duet – tre cantautrici insieme cantano Tenco” (Pellegatta, M. Trapassi e S.Velardo).
Le tre serate avranno luogo in tre località garganensi, precisamente:
- venerdì 17/03/2017, presso l'Ex “Chiesa Santa Maria Maddalena” (Largo delle Monache) di San Giovanni Rotondo, alle ore 21.00;
- sabato 18/03/2017, presso il “Sentiero dell'Anima”, SP 48 (San Marco – San Nicandro) km 13, alle ore 20.30;
- domenica 19/03/2017, presso “Spazio Selezione Sabatino” (Apricena), alle ore 19.00.
L'ingresso sarà su prenotazione fino ad esaurimento posti. (Info: 347.4687088).
Un'accurata selezione musicale d'autore, gradita e ricercata verrà fornita all'orecchio del pubblico: sensibilità, verità e riflessioni diverranno le indiscusse protagoniste della serata, e non a caso sottolineranno l'umbratile realismo psicologico e sociale che il giovane e talentuoso cantautore era solito esprimere nei suoi pensieri musicali. I brani reinterpretati faranno ovviamente riferimento a ciò che caratterizzò il percorso artistico di Tenco: dalle buie cantine di provincia, al jazz raffinato ed essenziale, dai festival melodici e giovanili al beat-folk italico, fino ad arrivare allo spessore culturale, talvolta di denuncia, della scuola cantautoriale francese e genovese. Una rotta da non perdere, per esperti e conoscitori...e per nuovi iniziatori!
« Io sono uno che sorride di rado, questo è vero, ma in giro ce ne sono già tanti che ridono e sorridono sempre, però poi non ti dicono mai cosa pensano dentro.» (da “Io sono uno”- L.Tenco)
Giunta alla decima tappa – ultimo appuntamento che avrà luogo presso la Sala Convegni di Casa Sollievo della Sofferenza – la Rassegna “In concerto” è lieta di ospitare, direttamente dalla penisola ellenica, il talento e la bellezza di Evgenia Papadimas.
La pianista greca, vincitrice del primo premio al concorso internazionale organizzato dalla Christian Youth Association of Greece, ha già calcato palcoscenici importanti come l’Accademia Liszt di Budapest e la Kioi Hall di Tokyo. Suona regolarmente al Saint Martin-in-the Fields di Londra e, nei mesi scorsi, ha inciso il suo ultimo lavoro intitolato Atmosphera con la prestigiosa etichetta Sony Classical.
Pensieri meditativi dai risvolti musicali pressoché intimistici si alterneranno, sulla partitura, a climi cupi e misteriosi, segnati da ottave ostinate, ribattute sulla falsariga di temi vagamente gregoriani, ad un conclamato ed acceso romanticismo cromatico, delineato da melodie appassionate, accidentate e straordinariamente progredienti, narrative e fantasiose.
Una scelta di repertorio di grande impatto acustico e psicologico illustrerà le atmosfere, le riflessioni, e le caratteristiche tipiche dei più importanti compositori tardo-romantici della storia: Johannes Brahms, Sergej Rachmaninov, Franz Liszt.
Appuntamento imperdibile per appassionati, sostenitori del suddetto filone musicale e non solo.
NB. Direzione artistica: M°Luciano Pompilio; ingresso: ore 20.00 – inizio spettacolo: ore 20.30. Tesseramento stagione concertistica € 40,00/ Contributo associativo per singolo concerto € 7,00; prevendite presso “Edicola Corso Umberto I”, o direzione amministrativa ospedale “Casa Sollievo Della Sofferenza”.